
Se doveste elencare cinque problemi che riguardano tutto il mondo e che sono al centro del dibattito internazionale, quali scegliereste? Per concedere un piccolo indizio si può dire che le questioni che creano maggiori preoccupazioni a livello globale sono strettamente legate tra loro, anche se spesso vengono affrontate in modo disgiunto e indipendente.
Il primo dei problemi riguarda l’abbondanza e la varietà degli animali e delle piante sulla terra: se venisse a mancare la biodiversità, con una predominanza di alcune specie su altre destinate a sparire, si perderebbe l’equilibrio naturale degli ecosistemi.
La cosa avrebbe poi un particolare impatto sull’uomo, se ad essere colpita fosse la varietà nelle culture agricole. Nei paesi sviluppati (ma non solo), l’agricoltura moderna si è basata sulla monocoltura e sull’uniformità. Nel caso delle tre specie che ci forniscono la maggior parte delle calorie (il frumento, il riso e il mais), il miglioramento genetico ha ridotto drasticamente la variabilità genetica.
Oltre all’intervento dell’uomo, sui sistemi agricoli e alimentari avranno profondi effetti anche la frequenza e l’intensità degli anni caldi e siccitosi e la variabilità del clima, due fenomeni che costituiscono il secondo problema a cui l’umanità tutta dovrà far fronte.
I cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità non faranno altro che inasprire fame e malnutrizione, il terzo dilemma, che non potrà far altro che peggiorare con l’aumentare della popolazione mondiale. Il clima esacerberà anche un quarto problema, quello della disponibilità di risorse idriche per tutti.
Dato che tali condizioni avverse saranno particolarmente aspre per paesi in via di sviluppo, la loro manifestazione continuerà ad aumentare povertà e disuguaglianza, la quinta preoccupazione che sta al centro del dibattito mondiale.
La soluzione a questi cinque grossi problemi che in futuro affliggeranno sempre più l’umanità sembra essere inafferrabile, eppure potrebbe essere risolutiva la forza racchiusa in un seme.
Gran parte del cibo che mangiamo nasce da un seme, in modo indiretto perfino la carne. Poiché parlare di cibo significa parlare anche di salute, è cruciale il modo in cui un seme viene prodotto. Proprio la produzione delle sementi potrebbe costituire la soluzione chiave per i cinque problemi che affliggono l’umanità.
Come siamo passati da una grande varietà di semi di cui potevamo nutrirci a un’agricoltura così ristretta?
Questa è la vera domanda da porsi per essere pronti ad affrontare il cambiamento climatico, a dare una risposta a fame e povertà e a salvaguardare la biodiversità.
Gli organismi geneticamente modificati non sono la risposta alla fame: servono, semmai, a introdurre meccanismi di resistenza ad alcune delle problematiche sopracitate, perché l’ambiente si modifica sempre in base alle interazioni tra gli organismi, selezionando solo quelli più forti.
Serve piuttosto un modello agro-ecologico per l’agricoltura, una soluzione criticata perché incapace di assicurare cibo per quei nove miliardi di persone che entro breve popoleranno la Terra.
Se il modello agro-ecologico però si integrasse con alcuni metodi moderni, come la genetica molecolare, allora potremmo assistere a una produzione agricola più abbondante ma nello stesso tempo capace di assicurare una buona variabilità, indispensabile per far fronte ai cambiamenti climatici.
Quel processo denominato "incrocio evoluzionistico e partecipativo delle piante", che consente di selezionare piante che hanno dimostrato una specifica capacità di adattamento, potrebbe essere la soluzione alla produzione di semi capaci di risolvere i cinque problemi globali dell’umanità.
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